Con ordinanza n. 738/2020 la Cassazione civile ha ribadito alcuni importanti concetti in tema di tutela del marchio e, in particolare, di “marchio debole”.

Per marchio debole si intende il marchio avente una aderenza concettuale con i prodotti e/o servizi rivendicati dalla relativa registrazione. In tal caso, evidenzia la Cassazione, sono sufficienti a scongiurare la confusione tra i segni distintivi (ossia tra i marchi deboli) anche lievi modificazioni o aggiunte.

Per il marchio forte, invece, vanno considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti ed originali, che ne lascino comunque sussistere l'identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l'idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante.

La qualificazione del segno distintivo come marchio debole, tuttavia, non incide sull'attitudine dello stesso alla registrazione, ma soltanto sull'intensità della tutela che ne deriva. Pertanto anche un marchio debole potrà essere registrato validamente, ma godrà di una minor tutela nei confronti di altri marchi simili.

Nel caso di specie la Corte ha ritenuto che il marchio registrato oggetto di causa fosse una parola di uso comune, attinente ad un determinato stile di abbigliamento, che identificava una tipologia di abiti caratterizzati da una particolare foggia delle linee. Pertanto i giudici hanno ritenuto che alcuni altri marchi molto simili non determinavano una contraffazione, essendo sufficiente la sussistenza di lievi modificazioni per scongiurare una simile ipotesi.

La corte ha motivato la propria decisione sulla base dell’art. 13 del Codice della Proprietà Industriale, che disciplina la capacità distintiva del marchio, e la cui finalità “è quella di impedire che si crei un diritto di esclusiva su parole, figure o segni che nel linguaggio comune sono collegate o collegabili al tipo merceologico, che debbono rimanere patrimonio comune onde evitare ogni ingiustificato ostacolo ai concorrenti, mediante la trasformazione dell’esclusiva sul segno in monopolio di fabbricazioni”.

 

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avv. Marco Falsiroli